Far crescere il pubblico (al Cinema)

Insieme Giorgio Tacchia (Founder e CEO di CHILI) abbiamo ripercorso le tappe fondamentali della storia della società: «CHILI nacque nel giugno 2012, grazie all’idea imprenditoriale mia e di Stefano Parisi. La scelta strategica, fin dall’inizio, fu quella di operare in un ambito transazionale (tvod). In un contesto in cui le pay Tv, gli operatori emergenti svod come Netflix, Amazon Prime e – per passare all’Italia – Tim Vision, Infinity e Now Tv,stavano crescendo molto, avevamo valutato che in Italia ci fosse spazio sufficiente per diventare un player importante nel settore transactional video on demand. In questo ambito ci sono due operatori globali quali iTunes di Apple e Google Play di Google. Nessuno di questi due servizi è il core business dell’azienda che lo propone. L’operatore mondiale più rilevante, però, rimane purtroppo la pirateria. Questo vuol dire che c’è una domanda molto elevata di contenuti che non viene soddisfatta dall’offerta legale».

Come ha risposto CHILI a questa domanda?
Abbiamo cercato di puntare su innovazione e tecnologia. Sulla tecnologia il percorso è stato piuttosto chiaro. Dal 2012 ad oggi abbiamo investito molto in questo ambito, assumendo una cinquantina di ingegneri che lavorano su questi aspetti; abbiamo puntato sulle capacità, le competenze e le peculiarità tecniche di questi professionisti che stanno implementando la nostra piattaforma che, lasciatemelo dire, non ha nulla da invidiare a quelle più conosciute a livello mondiale.

Quali linee di sviluppo avete seguito?

Dalla fondazione a oggi, ci siamo mossi su tre linee strategiche. La prima è appunto quella tecnologica. La seconda linea è di natura commerciale e ha visto la definizione di accordi di distribuzione con la mag- gior parte degli OEMs (produttori di apparecchiature originali, ndr.) per assicurarci device e hardware venduti a scaffale. Ma abbiamo siglato anche numerosi accordi di distribuzione di contenuti, tanto è vero che possiamo contare su una library ricchissima. La terza linea è stata quella dello sviluppo nei mercati internazionali; siamo presenti in Gran Bretagna, Germania, Polonia e Austria. Abbiamo puntato, poi, sulla differenziazione. In questo caso lo sviluppo è avvenuto a tappe e ci ha trasformato nel primo marketplace dell’intrattenimento, molto legato al mercato cinematografico. Ed è la ragione per la quale le major Usa hanno investito nel nostro capitale.

Qual è, ad oggi, la composizione societaria di CHILI?
Come sottolineavo all’inizio, l’azienda nac- que come investimento mio e di Stefano Parisi. Fin da principio abbiamo coinvolto un fondo di private equity italiano, Antares. Da quel momento, ci hanno seguito family office italiani ovvero società di servizi che gestiscono i patrimoni di determinate famiglie e ne curano gli investimenti che, pur avendo consolidata esperienza in altri settori, hanno deciso di puntare sulla nostra idea. Nel capitale sociale sono entrate successivamente Warner, Sony, Viacom, Paramount e Fox; da ultimo, ha investito anche la famiglia Lavazza.

Come sono suddivise le quote?

Il 30% è gestito dai soci fondatori in un veicolo che si chiama Brace. Il 15% è suddiviso, più o meno in parti uguali, tra le major. Una percentuale vicina al 30% appartiene a Lavazza e il resto è distribuito tra i family office. La società, però, per quanto riguarda la governance, è saldamente in mano ai soci fondatori che ne hanno pianificato lo sviluppo e l’indirizzo strategico. Siamo arrivati ad avere 1,6 milioni di clienti registrati al nostro servizio, con una crescita che è tra i 50-100mila nuovi fruitori al mese. I nostri ricavi raddoppiano anno su anno; siamo passati dai circa 7 milioni nel 2016, ai 13 milioni del 2017. Risultati possibi- li anche perché abbiamo investito molto, come tutte le società che puntano sull’innovazione tecnologica.

Come state articolando il vostro modello di business?

Per risponderle proviamo a domandarci cosa cerca il consumatore. Vuole il contenuto il prima possibile, in maniera semplice, economica e possibilmente di qualità. La pirateria è un’abitudine troppo diffusa in Italia ma di fronte a un’offerta legale e di qualità l’80% di chi scarica illegalmente si dice disposto a spendere per poter accedere a determinati contenuti. Lo affermano tutte le più importanti ricerche. Il punto è che questo contenuto deve essere disponibile e avere un prezzo accessibile. Stiamo parlando di….. (segue articolo in PDF)